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Associazione Archès

OGGETTO D’ARTE MOBILIARE DEL PALEOLITICO SUPERIORE FINALE DAL RIPARO POZZICHE DI SALVE (LECCE)

di Nicola Febbraro

Nel novembre del 2006 è stata rinvenuta, da Nicola Febbraro e dal signor Antonio Piccinno, una pietra calcarea piatta e regolare (dimensioni massime 15 x 10 x 4 cm), che si caratterizza per la presenza, su una delle due facce, di incisioni di tipo geometrico – lineare. La scoperta è avvenuta, nel corso di ricerche sistematiche di superficie svolte nell’ambito di una tesi di laurea in Paletnologia, nei pressi di un riparo sottoroccia individuato in località Sorgente Pozziche, nel territorio comunale di Salve. Il sito è localizzato all’interno della valle terrazzata del Canale Tariano, ramo orientale del Canale Fano.

Pietra incisa dal riparo Pozziche (Salve)

La pietra incisa trova confronti con i numerosi esemplari individuati nelle stratigrafie della Grotta Riparo esterna delle Veneri di Parabita, di Grotta Romanelli (Castro), di Grotta del Cavallo (Nardò) e di Grotta Marisa (Otranto). Si tratta di depositi – talvolta provvisti di datazioni assolute – che sembrano costituire delle tappe di un processo evolutivo della produzione artistica, che ha interessato il Salento in un arco di tempo relativamente breve (Romanelliano, Epiromanelliano e Sauveterriano).

La pietra presenta diverse fratture, forse antiche ed intenzionali, così come gli esemplari rinvenuti nella Grotta Riparo esterna delle Veneri di Parabita. Si tratta, probabilmente, di manifestazioni rituali.

I motivi decorativi, che coprono totalmente una delle facce del reperto, in alcuni punti sono di difficile lettura, a causa dei processi erosivi che la pietra ha subito. La decorazione consiste in una serie di bande parallele affiancate (delimitate da linee singole o a coppia) riempite – fatta eccezione per una che occupa una posizione pressoché centrale – con una fitta serie di tratti paralleli ad esse ortogonali. Le bande sono combinate con un motivo a graticcio.

Le interpretazioni degli studiosi, riguardo al significato di tali formule di espressione artistica, sono molto contrastanti. Per alcuni hanno avuto una finalità pratica piuttosto che ornamentale (ad esempio si è potuto trattare di notazioni numeriche, di scansioni temporali, ecc.), per altri si tratta di manifestazioni che rientrano nel complesso universo simbolico dell’uomo.

L’oggetto d’arte mobiliare rinvenuto in località Sorgenti Pozziche – per concludere – può essere riferito al Paleolitico superiore finale, più esattamente all’Epigravettiano finale di fase romanelliana o epiromanelliana, ossia ad un periodo di transizione tra il Pleistocene e l’Olocene (attorno ai 10.000 anni fa). Delle conferme in tal senso provengono sia dai confronti effettuati in ambito salentino che dall’analisi dell’industria litica e del complesso faunistico rinvenuti in associazione allo stesso.

(contributo tratto da Archeologia del Salento. Il territorio di Salve dai primi abitanti alla romanizzazione, a cura di N. Febbraro, Tricase 2011, pp. 99-105)

Bibliografia:

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Astuti P., Dini M., Grifoni Cremonesi R., Kozlowski S., Tozzi C., L’industria mesolitica di Grotta Marisa (Lecce, Puglia) nel quadro delle industrie litiche dell’Italia meridionale, in Riv. Sc. Preist., Vol. LV, Firenze 2005, pp. 185-208.

Cremonesi G., Due complessi d’arte del Paleolitico superiore: la Grotta Polesini e la Grotta delle Veneri, in Mundi B. e Gravina A. (a cura di), Atti (Tomo secondo) del 6° Convegno sulla Preistoria – Protostoria – Storia della Daunia. L’arte paleolitica italiana nel suo contesto cronologico e culturale (Tavola Rotonda), San Severo (Fg) 1987, pp. 35-45, Tav. XXX-XXIV.

Febbraro N., Archeologia del Salento. Il territorio di Salve dai primi abitanti alla romanizzazione, Tricase 2011, pp. 99 – 105.

Palma di cesnola A., L’arte del Paleolitico superiore in Italia, in Il Paleolitico superiore in Italia. Introduzione allo Studio, Firenze 1993, pp. 461-496.

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