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Associazione Archès

Presentazione “Antica Messapia. Popoli e luoghi del Salento meridionale nel I millennio a.C.”

locandina 30 dicembre

locandina 30 dicembre

Presentazione libro curato dall’Associazione Archès 
Sala conferenze della Fondazione Moschettini, Copertino 

martedì 30 dicembre, ore 18.00

Introduce: Luigi Del Prete (presidente Fondazione Moschettini)
Interventi di:
prof. Mario Lombardo (direttore Dipartimento Beni Culturali Unisalento)
Marco Cavalera (curatore della Guida Archeologica)
Modera l’incontro: Melissa Calo’ (responsabile comunicazione ass. Archès)

Letture di brani di scrittori classici, inerenti l’Antica Messapia, a cura di Melissa Calo’ 

La guida archeologica (Scirocco edizioni 2010, 64 pp.) “Antica Messapia. Popoli e luoghi del Salento meridionale nel I millennio a.C.”, a cura di Marco Cavalera, si articola in tre brevi capitoli. 
Nel primo si focalizza l’attenzione sulla penisola salentina prima del fiorire della civiltà messapica, nel I millennio a.C.
Il secondo capitolo fornisce un inquadramento storico del Salento in età messapica, a partire dall’età del Ferro (IX – VII secolo a.C.) fino alla fase ellenistica (IV – III secolo a.C.).
La terza sezione riguarda i luoghi della Messapia meridionale, con una sintetica descrizione degli insediamenti archeologici di Vaste, Castro, Montesardo, Grotta Porcinara (Santa Maria di Leuca), Vereto (Patù), La Chiusa alla Masseria Fano (Salve) e Ugento.

Lo stile sintetico ed essenziale, unitamente all’apporto delle immagini, che consentono un raffronto immediato con la realtà descritta, rendono la guida uno strumento utile per avere un assaggio di come questo “paesaggio indefinito racchiuso tra un’ogiva di terra rossa ed una colata di cielo mediterrae” si faccia raccontare.

Dall’introduzione (di Augusto Cavalera)

“Raccontare in breve il Salento a dei lettori che, in questo momento, stanno per leggere – per distrazione o per diletto – questa mini pubblicazione, non è impresa semplice. Catturare in poche righe l’enfasi e l’essenza di questo territorio e porgerla all’attenzione di coloro che vogliono scoprirne i caratteri salienti necessita di uno sforzo che si colloca al limite tra un’immaginazione sensibile e personale ed una realtà effettuale e descrittiva, comunque mai banale.
Forse sarebbe meglio non raccontare alla stregua di una mera didascalia turistica, bensì lasciarsi trasportare dalla semiotica riflessa di una poesia, di un canto, un “cunto”; versi d’altri tempi, verso un altro tempo che, neutro, trapassa la matematica degli anni.
Il Salento è dinamica immantinenza, è metafisica di planetaria pittura, rubiconda e accesa, sospesa e sublimata, paesaggio indefinito racchiuso tra un’ogiva di terra rossa ed una colata di cielo mediterrae.
In questo luogo la bellezza è pura stratificazione di tempo, lembi di conoscenza che ancora si nascondono, in attesa di trovare luce. Ed è qui che quell’attesa plasma fascino ed empatia. Dettagli di superficie che rimandano a culture custodite nelle viscere della terra, cocci di ceramiche antiche, come gocce di pioggia emersa e sedimentata, che segnano i battiti di un passato diventato oramai roccia.
Archeologia come “antico discorso” che profana le leggi della conservazione ed èleva la ricerca, rendendo la narrazione contemporanea ed intellegibile. Il codice anagrafico ed antologico di un territorio possiede “identità” in virtù del proprio contenuto sotterraneo, perché anche ciò che affiora altro non è che il sotterraneo del suo cielo.
Ma il Salento non si racconta, si fa raccontare, e la poesia che si crea dal vissuto è solo il sospiro di chi, fermo su uno scoglio o seduto su una radice di ulivo, diventa parte di un’emozione che si custodisce per sempre nel sotterraneo della propria anima, in attesa di essere soavemente trasportata lungo i segreti del tempo”.