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Associazione Archès

La “Chiusa” presso la Masseria Fano: un sito messapico nel territorio di Salve

di Associazione Archès

Le ricerche degli archeologi australiani

Le diverse fasi di occupazione del pianoro della Chiusa, presso la Masseria Fano (Comune di Salve), sono state ricostruite grazie alle indagini sistematiche condotte da un’équipe di archeologi australiani tra il 1987 e il 1991.

Una fase di scavo a La Chiusa (Descoeudres, Robinson 1993, p. 137)

Una fase di scavo a La Chiusa (Descoeudres, Robinson 1993, p. 137).

Una fase di scavo a La Chiusa con l’archeologo Ted Robinson (Descoeudres, Robinson 1993, p. 191).

Le prime fasi abitative

La documentazione acquisita ha permesso di verificare un abbandono del sito agli inizi del XIV sec. a.C. ed una nuova occupazione, circa mezzo millennio dopo, durante le fasi iniziali dell’età del Ferro (poco prima del 900 a.C.).

Insediamento messapico de La Chiusa presso Masseria Fano. 

I reperti di terracotta, riferibili a questa seconda fase di frequentazione intensiva del pianoro, sono quasi esclusivamente di produzione locale. Si tratta di ceramica ad impasto, figulina e della cosiddetta “matt-painted”, decorata con fasce dipinte. Sono stati rinvenuti anche pochi reperti di importazione, tra cui frammenti di grandi contenitori – a volte decorati con listelli o cordoni incisi – e di vasi usati per attingere il vino, databili tra la prima metà dell’VIII e il VII secolo a.C. Il manufatto più importante rinvenuto sul pianoro è un disco o piatto di calcare frammentario, decorato con file di triangoli incisi a bassorilievo, datato all’VIII secolo a.C. e utilizzato probabilmente come offerta in un contesto cultuale.

La fase messapica arcaica

L’insediamento venne abbandonato una seconda volta tra la fine VIII – inizi VII secolo a.C. per essere occupato – circa 150 anni dopo – nel corso dell’età arcaica (alla metà circa del VI secolo a.C.). A questa fase di frequentazione del sito è riferibile l’imponente cinta muraria, che aveva una lunghezza di 650 metri e racchiudeva una superficie di circa 3 ettari.

 veduta aerea dell'insediamento de La Chiusa (Descoeudres, Robinson 1993, p. 78)

Veduta aerea dell’insediamento de La Chiusa (Descoeudres, Robinson 1993, p. 78).

Le indagini archeologiche hanno consentito di verificare che le mura erano – in alcuni tratti – larghe oltre sei metri, costituite da un doppio paramento in blocchi calcarei e da un riempimento interno di pietrame.

Ricostruzione ipotetica dello svolgimento di un rito cerimoniale nei pressi della Porta Ovest a La Chiusa. Disegno di Marcello Fersini (fonte: Febbraro 2011).

Nella cinta muraria si apriva almeno una porta (ad Ovest), protetta a NO da un massiccio bastione con andamento curvo, accanto alla quale probabilmente era stato collocato un altare. Il corridoio d’ingresso dell’insediamento fortificato presentava uno spesso strato di pietrisco, sotto il quale vi era un battuto stradale in eccellente stato di conservazione. Resti riferibili alla strada sono stati individuati anche dentro l’abitato. L’abbandono della porta è stato datato alla fine del VI – inizi V secolo a.C.

I reperti

All’età arcaica è da riferire un louterion, ossia un bacino di terracotta su alto piede usato sia per funzioni religiose (riti legati a sacrifici) che profane, probabilmente di produzione corcirese (Corfù).

Louterion rinvenuto, da Paolo Cosi, a La Chiusa. Fonte: Descoeudres, Robinson 1993, p. 177 e Febbraro 2011.

Di notevole interesse appare il rinvenimento di materiali ceramici iscritti, tra cui un alfabetario arcaico su un vaso di produzione locale, che potrebbe attestare una sua funzione cultuale (offerta o dedica).

Alfabetario rinvenuto a La Chiusa. Fonte: SANTORO 1984 e FEBBRARO 2011.

Alfabetario rinvenuto, da Paolo Cosi, a La Chiusa. Fonte: Santoro 1984 e Febbraro 2011.

I reperti diagnostici più recenti sono datati al 480/70 a.C., decennio in cui gli archeologi ipotizzano l’abbandono dell’insediamento. Si tratta di frammenti fittili, importati dalla Grecia e dalla Magna Grecia, fra i quali vi è un frammento di parete di lekythos (piccolo contenitore di profumo) che reca dipinta una figura sdraiata in un contesto di simposio con altri personaggi, interpretata come Dioniso in compagnia di altri dei.

L’abbandono

Tra le ipotesi avanzate riguardo al definitivo abbandono dell’insediamento dei Fani, la più plausibile appare la relazione con i rapporti conflittuali tra Messapi e Tarantini che hanno caratterizzato i primi decenni del V secolo a.C. Le diverse campagne di scavo effettuate alla Chiusa – tuttavia – non hanno restituito prove dirette di distruzioni violente dell’abitato.

Secondo gli archeologi Descoeudres e Robinson, gli abitanti dei Fani avrebbero deciso di lasciare l’insediamento semplicemente perché il piccolo terrazzo non era più adatto alle necessità di un insediamento urbano. Il pianoro, inoltre, non offriva più la protezione necessaria contro le efficienti armi del tempo. Il sito più grande e meglio difendibile – Vereto – si trovava solo a pochi chilometri a sud-est dei Fani. L’ipotesi più verosimile è, quindi, che gli abitanti della Chiusa, assieme a quelli di altri simili piccoli insediamenti, si siano trasferiti presso l’insediamento posto sulla Serra di Vereto.

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Bibliografia:

Cavalera M., Antica Messapia. Popoli e luoghi del Salento meridionale nel I millennio a.C., Modugno (Ba), 2010, pp. 48-51.

Descoeudres J.P., Robinson E., La ‘Chiusa’ alla masseria del Fano. Un sito messapico arcaico presso Salve in provincia di Lecce, Lecce 1993.

Febbraro N., Archeologia del Salento. Il territorio di Salve dai primi abitanti alla romanizzazione, Tricase, 2011, pp. 199-209.

Sammarco M., Masseria Fano (Salve, Lecce), in Insediamenti del Salento dall’antichità all’età moderna, a cura di Guaitoli M. e Cazzato V., Galatina 2005, pp. 66-68.