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Associazione Archès

Palazzo Comi a Lucugnano

di Marco Cavalera

La visita di Rina Durante

Rina Durante, in occasione della sua prima visita a Casa Comi, rimase incantata dall’atmosfera che si respirava a Lucugnano nella prima metà del Novecento: Tra le pagghiare e le pietraie, si sentiva solo il frinire delle cicale, poi neppure più questo, come se il mondo cominciasse da quel punto a finire. Si entrava in un altro paesaggio in cui i segni umani ed economici scomparivano del tutto e la natura era un vuoto minerale, aspro e desolato […]. Gli interni erano ancora più rispondenti al paesaggio, di una semplicità disadorna: mobili di legno nudo, di stile francescano, cui la diuturna cura di generazioni di servi aveva conferito un’opaca lucentezza; volte a stella, grandi arazzi di fiocco leccese alle pareti e quadri rinascimentali, còtime di terracotta ovunque con la raffigurazione dell’ulivo, simbolo della casa editrice; pavimenti in mosaico che richiamavano quello di Otranto. Ogni cosa concorreva a un effetto di rustica raffinatezza e andava a sigillare per incanto il paesaggio che avevamo attraversato[1].

Il Palazzo

Palazzo Comi si affaccia sulla piazza principale del paese, oggi intitolata allo stesso poeta, che pare immortalata in una fotografia di inizio secolo scorso, se non ci fossero le automobili al posto delle carrozze e dei traini.

Palazzo Comi. Esterno (foto di Fernando Manni)

Palazzo Comi. Esterno
(foto di Fernando Manni)

La casa del barone Girolamo Comi non è una semplice residenza nobiliare della metà dell’Ottocento: la sua facciata, dallo stile armonioso e lineare, cela un luogo ricco di storia, cultura e letteratura.

Un giardinetto con siepi, alberelli e un busto di Comi adorna l’entrata dellu Palazzu, nome con cui era chiamato l’edificio dagli abitanti del luogo. Varcato il portone, l’antico e verdeggiante cortile porta ad un’ampia scalinata, segnata dal trascorrere del tempo, che conduce al piano superiore.

Gli interni

Intorno all’atrio si aprono i locali di servizio, stalle, magazzini, un palmento e la casa del fattore che, restaurati, sono stati adibiti a sala conferenze, sala mostre e biblioteca dalla Provincia di Lecce, attuale proprietaria dell’immobile. Circondano la casa un agrumeto, un giardino con piante ornamentali e una terrazza panoramica.

L’appartamento al piano superiore rievoca ancora le stesse sensazioni di semplicità, eleganza e raffinatezza espresse da  Rina Durante. Nella stanza d’ingresso i busti severi di Comi,  Bodini e Pagano accolgono i visitatori, a memoria degli antichi fasti letterari della casa.

Le stanze si mostrano, ad un primo impatto, sobrie ed austere ma gli ambienti ampi, i grandi arazzi alle pareti, i tappeti, i salottini, i camini e le antiche librerie rendono l’atmosfera suggestiva ed accogliente, custodendo eternamente la figura  e  la  personalità del poeta.

Salone di Palazzo Comi, posto al primo piano (foto di Fernando Manni)

Salone di Palazzo Comi, posto al primo piano (foto di Fernando Manni)

Palazzo Comi punto di riferimento della cultura italiana di metà Novecento

Suscita emozione lo studio di Comi, con i suoi oggetti personali, la scrivania, la poltrona e la biblioteca, ricca di volumi preziosi e rari, a carattere essenzialmente umanistico, databili principalmente tra l’inizio del Novecento e l’anno di morte del poeta, il 3 aprile del 1968. Soffermandosi sui suoi libri, per metà in lingua originale francese, non si può non pensare alla parentesi parigina, in età giovanile, negli anni della sua prima formazione culturale e umana. A questa seguì il periodo romano, l’apertura ai diversi fermenti culturali, letterari ed artistici nella capitale e la conversione al cattolicesimo negli anni Trenta. Infine nel 1946, in età matura, Comi ritornò stabilmente e definitivamente a Lucugnano.

Da quel momento in poi si aprì una stagione molto intensa sia da un punto di vista culturale, con la fondazione dell’Accademia Salentina e della casa editrice “L’Albero”, che imprenditoriale, con la creazione di un’impresa industriale: gli Oleifici Salentini. Purtroppo questi ultimi si rivelarono un investimento sbagliato e segnarono l’inizio del tracollo economico per Comi.

Con la nascita dell’Accademia, Lucugnano diventò non solo un luogo capace di aggregare le personalità letterarie locali ma si concesse, come luogo d’incontro, anche a poeti, scrittori e artisti di respiro nazionale.

Le sale del palazzo vennero così animate da numerose figure come Macrì, Bodini, Pagano, Corti, Merini, Pierri, Ciardo, Ferrazzi, Anceschi e Gatto, che dedicò a Comi e alla sua casa dei versi: “Nel silenzio […]. In questa casa anche le ombre sono amiche”[2].

Nell’epistolario comiano, conservato in biblioteca, sono infatti numerose le espressioni di ringraziamento che testimoniano la grande gentilezza e generosità nella sua ospitalità.

Continuando nella visita della casa sorprende piacevolmente la spaziosa  cucina economica, il grande tavolo di marmo ed  i mobili di un inconsueto colore azzurro, regno di Tina Lambrini, la sua governante. Qui venivano preparate le numerose portate dei memorabili pranzi, serviti nell’elegante sala.

Il nume tutelare della Casa: Tina Lambrini

Tina si prendeva cura delle faccende di casa e del soggiorno degli ospiti. Amata e benvoluta da tutti, rimase accanto al poeta per decenni, anche nel periodo di maggiore difficoltà economica. Comi la sposò pochi anni prima di morire, in segno di gratitudine.

Sono diventato migliore attraverso e grazie all’assistenza costante, del tutto eccezionale e disinteressata di Tina, scrisse lui stesso nel diario di casa, custodito da Donato Valli.

Nel palazzo è presente anche una cappella privata, con l’altare racchiuso in un armadio, che invita alla riflessione e al raccoglimento.

cappella di Palazzo Comi (foto di Fernando Manni)

cappella di Palazzo Comi
(foto di Fernando Manni)

L’autore ringrazia Gloria Fuortes, già responsabile della Biblioteca Provinciale “G. Comi”, per la revisione del testo.

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Bibliografia:

Cavalera M., Lucugnano e il suo territorio, Tricase 2014.

Durante R., Gli amorosi sensi, Lecce 1996, pp. 21-22.

 

[1] Durante 1996, pp. 21-22.

[2] Frase riportata nella targa al lato della scala d’ingresso.